Mostra personale di Paolo Ferluga

  • Titolo : PETROLIO
  • Inaugurazione ; venerdì 8 luglio 2016, ore 19
  • Alla Lux Art Gallery, via Rittmayer 7/A – Trieste
  • Presentazione di Maria Campitelli con intervento dell’economista Vittorio Torbianelli
  • Aperta fino al 31 luglio 2016 con orario:
    • lun 18-20 / mart-giov-ven 17-20 / sab 10.30-12-30 e 17-20 / chiuso mercoledì e domenica

Petrolio, risorsa e segno irriducibile di un’era della contemporaneità. L’artista ha sentito il bisogno di concentrare in questo elemento naturale non solo la sua esperienza artistica ormai di alcuni decenni, ma il tempo in senso più lato, l’atmosfera proprio di un’era, la realtà concreta a livello planetario in cui è accaduta. Il petrolio infatti l’ha plasmata, questa realtà. E’ stato ed è l’epicentro di interessi economici, di realtà produttive, e di mercato, fattore di cambiamento globale, nella duplice accezione di sviluppo -ricchezza, da un lato e di distruzione-inquinamento, dall’altro. Paradigma emblematico di un cinismo produttivo e di un mercato che governa oggi il mondo, violentando paesaggi di terra e di mare con pompe in continuo scandaglio, piattaforme e trivelle per non parlare dei disastri ambientali.
Promotore di mire ed appetiti, con ineludibili esplosioni belliche per il possesso dei dilaganti giacimenti specie nel medio oriente, il petrolio ha condizionato l’intero pianeta -decretandone le sorti – nel massimo fulgore come nel declino, nella paventata prospettiva del suo esaurimento.
Questo miscuglio di idrocarburi, nero viscoso con i riflessi dell’arcobaleno, inesausto alimentatore d’energia combustibile si trasforma poi anche nella selva di polimeri e poliesteri – il mondo dei derivati – facendosi oggetti, invadendo più che mai la nostra vita quotidiana in tutti i suoi aspetti.
Un mondo e una realtà che non poteva essere elusa dall’arte. L’artista inglese Richard Wilson ad esempio se ne appropria direttamente, usandolo per un fine puramente contemplativo, facendolo diventare specchio del visibile, allagando con il mix d’idrocarburi un’intera galleria, la Saatchi di Londra. Eltjon Valle recupera le pompe estrattive, inquadra pezzi di terreno inquinato del suo borgo natale Kukova in Albania, dipinge col bitume.
Paolo Ferluga ne parla in altro modo. E’ una costante di fondo, specie nei dipinti, anche se alla fine di un lungo processo arriva all’installazione oggettuale che incorpora il bitume. Pezzi di elettrodomestici, di arredi casalinghi, smarrita la loro funzione iniziale, si fanno lucidi contenitori di petrolio. Paradossalmente la cifra pittorica trapassa nei riflessi dell’oro nero contenuti negli argini geometrici di relitti di design. E in questo modo si accentua la compenetrazione della realtà “petrolio” nel quotidiano, al di là della nostra immediata consapevolezza.
La pittura svolge un suo percorso: dalle visioni di mare, estremamente rastremate nella stesura – sotto la linea d’orizzonte un mare quasi omogeneo, dal colore indefinibile, sopra delle presenze minimali, una nave, delle strutture portuali – agli sbuffi esplosivi, sapienti gesti pittorici, alle opere di piccolo formato divise in due, cielo/mare, cielo/terra. Sempre il concetto di molto con poco. Una pittura che arriva a questa sintesi dopo una lunga esperienza di investigazione negli spazi urbani. E l’aggiunta di un piccolo collage, una figurina ritagliata, colorata che aggiusta il cielo con il mare o con la terra, una presenza estrapolata dal reale che reintroduce la sua riconoscibilità nella dispersione dell’astratto. Un gioco che ribalta la continuità scontata del flusso pittorico. Poi il petrolio, qui sotteso, nelle stesure del mare, nei moli neri, si dichiara apertamente nella grande tela nera quadrata, cosparsa di conchiglie, di detriti marini oscurati dall’elemento bituminoso, come gli animali soffocati dalla greve onda nera nei disastri provocati nel mare.
E il percorso imbocca un’altra strada , raggiunge i derivati, la produzione di plastica che invade il mondo. Rigidi oggetti accoppiati in modo inverso, o anche oggetti metaforici, che alludono a false promesse come la scatola Acegas con portellino apribile per dire che l’azienda pur parlando di inversione delle politiche petrolifere finora perseguite in realtà non lo fa. E dietro lo sportello le significative impronte di piedi di bambini che s’incamminano verso un futuro sperabilmente diverso. Un auspicio, infine, di possibile cambiamento.

Maria Campitelli

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