30/07/2008 – “CIRCUS MEME”
Un progetto di Fabiola Faidiga
Con la collaborazione di :
Madia Cotimbo, installazione scultorea
Ennio Guerrato, video
Francesco Costa, sound
Francesco Morosini, sound designer
Daniele Sardella, performance
A cura di Maria Campitelli
Museo d’arte Moderna Ugo Carà, via Roma 9 – Muggia (TS)
Da sabato 26 luglio fino al 12 agosto 2008
Orario : da martedì a domenica 18.30/20.30; giovedì anche 10.00/12.00
CIRCUS MEME di FABIOLA FAIDIGA è un progetto monumentale nel duplice senso che prevede concretamente un monumento e nel contempo abbraccia tematiche profonde di vasto respiro che investono travagliati percorsi storici intrisi di sofferte vicende umane. L’artista lo ha elaborato nel tempo, in anni di lavoro, di ricerche, di spostamenti tra il luogo da cui è nata l’idea di costruire un grandioso evento d’arte attorno all’elefante Sony – e cioè l’isola maggiore dell’arcipelago di Brioni, in Croazia – e i luoghi svariati della sua realizzazione, configurandosi quasi come un’epopea di taglio concettuale e metaforico, nel suo continuo arricchirsi di elementi di raffronto, nel suo espandersi in aperture perfino surreali. Alla fine CIRCUS MEME è risultato un articolato disegno progettuale, ben architettato nelle sue parti per affrontare il tema della memoria e, come sottolinea l’artista, “il complicato rapporto tra passato, presente e futuro”.
L’artista è stata affascinata -complice lo splendore della natura di Brioni – dall’incontro con l’imponente animale che trattiene in sé tanti rimandi e significati storici.
Sony infatti è l’elefante indiano donato nel 1972 dall’allora presidente indiana Indira Gandhi al maresciallo Josip Broz Tito presidente fino al 1980 dell’ex Repubblica Jugoslava e leader dei paesi comunisti non allineati. Da allora Sony vive, assieme alla compagna Lanka, nel suo recinto accanto al parco safari dell’isola che un tempo era l’inaccessibile dimora privata del maresciallo Tito, ora invece curiosa e frequentata meta turistica.
Il mutamento del significato rappresentativo dei due elefanti sull’isola, prima dono emblematico di un importante personaggio politico, che ha segnato la storia non solo dei Balcani, ora attrazione di un quotidiano rumosoro pubblico in vacanza, induce l’artista a riflettere su come radicali cambiamenti socio.politici di portata internazionale siano accumulati nei 38 anni di vita di questi elefanti e come, di conseguenza, essi possano inconsapevolmente, caricarsi di uno straordinario senso simbolico del divenire storico. Il tempo della loro vita contiene i rovesciamenti più eclatanti degli ultimi decenni, conseguenti al crollo del muro di Berlino, e il graduale adeguamento a nuove dimensioni politiche e sociali innestate nella democrazia. Il peso della storia, e soprattutto la percezione di un tempo “non più vicino/non ancora lontano” che si avvia verso un “oblio attivo”, verso una prospettiva di riconciliazione con i nodi sofferti della storia, determinano questo grandioso progetto di Fabiola Faidiga. Che si fonda su memoria (l’elefante è simbolo della memoria per eccellenza, anche se inconsapevole delle vicende umana), superamento del passato, natura, continuità, trasformazione, proiezione verso un futuro migliore, razionalmente consapevole.
Perché CIRCUS MEME? Circus attiene certo al mondo circense cui l’immagine dell’elefante, nella nostra concezione occidentale, è legata. Ma circus significa circolo/ciclo, come riattivazione, rimessa in circolo di un processo di “consapevolezza e libero volere” in cui i “memi” (etimi embrionali, unità di base di “memoria” ,intesi con evoluzione analoga a quella del gene in ambito biologico)) possano essere riconosciuti e, nel gioco circense, evolversi, diffondersi trasformarsi.
L’aspetto circense è evocato dalla performance inaugurale con l’equilibrista che sale sulla lunga scala bianca appoggiata all’elefante, vi compie degli esercizi di equilibrio invitando poi il pubblico a iterare l’insolita scalata. La performance sta per invito al gioco della trasformazione, all’apertura del nuovo ciclo che instaura la consapevolezza, e la disponibilità ad avviare i “memi”, le particelle di memoria, ad organizzarsi verso prospettive positive, verso migliori interrelazioni umane.
Le fasi operative sono diverse e diversi i media impiegati per raccontare questa storia complessa e emblematica dove tempo, memoria. storia e contemporaneità si misurano in una ricomposizione ideata dall’artista, nell’intento di riscattare sofferenze e rancori residuali con il filtro dell’oblio “attivo”. La loro visualizzazione avviene attraverso gruppi di fotografie e video, ma la prima presenza, ingombrante e totalizzante, è l’elefante stesso proposto in scala reale. Sony dunque come monumento alla “memoria che non commemora” come sostiene l’artista, fatto di polistirolo, con la pelle rivestita di mappe stradali in b/n delle città che lui ha toccato o che in qualche modo lo coinvolgono, in un viaggio nel contempo reale e immaginario e cioè Nuova Dehli ,Belgrado, Brioni, Zagabria,Trieste, Berlino. Attorno alla gigantesca scultura vecchie scale spezzate, tentativi falliti di risalita e la lunga scala bianca.
Poi il ciclo di foto della “pelle dell’elefante/misura del tempo” nelle cui pieghe si deposita la storia; foto rapportate, con raffronti sorprendenti, ad altri elementi naturali, come il mare, le pietre rugose del Carso la corteccia degli alberi, ma anche pelle umana. Contenitori (come li definisce l’artista) similari ,che racchiudono tuttavia entità diverse.
E il gruppo di foto che ricompongono le parti del corpo degli elefanti in un unico blocco orizzontale, come visualizzazione dei memi nella ricomposizione dei frammenti della memoria.
E ancora le due grandi composizioni fotografiche in b/n dove dei segni sovrapposti riducono la riconoscibilità delle immagini (peraltro riportate in scala ridotta di lato ,in cui si concentra tutto il percorso della ricerca); ma i segni man mano scompaiono liberando il campo bianco dell’oblio. E’ un processo questo che intende dar “forma” all’oblio, visualizzarlo per aprire la strada del superamento della sofferenza e del rancore. Allora infine su questa libertà conquistata Sony può, utopisticamente portare il suo messaggio nel mondo – che è la possibilità della convivenza delle diversità – può andare a Berlino e riaprire, dopo l’oblio riparatore, il circuito della libera immaginazione, della favola, del sogno.
I video infine completano la documentazione, l’esplorazione dell’immagine degli animali, la purificazione della memoria, cui si aggiunge la specifica intervista dello storico guardiano degli elefanti di Tito, Timotej Pejin
Maria Campitelli
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